Non solo Kamala Harris per il partito democratico e Donald Trump per quello repubblicano: i candidati per la Casa Bianca sono stati molti di più. Tra loro Cornel West, professore indipendente che, se eletto, promette di portare il cessate il fuoco a Gaza e di togliere gli aiuti americani all’Ucraina. Tra le fila del Partito verde, invece, figura Jill Stein che promuove una politica di forte impatto sui temi ambientali, oltre a voler raddoppiare il numero di giudici della Corte Suprema e stabilire un limite per il loro mandato. Infine, il partito libertario che corre con Chase Oliver, a sostegno dell’abolizione della FED e della depenalizzazione della marijuana. Ogni 4 anni gli elettori americani sono chiamati ad eleggere un presidente e un vicepresidente. Gli elettori non votano però direttamente per uno dei candidati, ma piuttosto per Electoral College, un gruppo degli elettori che hanno il compito di eleggere ufficialmente il presidente. Il sistema del Collegio elettorale crea di fatto 51 mini-elezioni per ciascuno stato. Se un candidato riceve la maggioranza dei voti dai cittadini di uno Stato, riceverà tutti i grandi elettori di quello stato – fatta eccezione per Maine e Nebraska che assegnano i voti elettorali per distretto congressuale, con due voti aggiuntivi per il vincitore a livello statale. Il numero di collegi elettorali è determinato principalmente dalla popolazione dello Stato, per un totale di 538 Grandi elettori. Il candidato che ottiene la maggioranza dei Grandi elettori (270) diventa il Presidente degli Stati Uniti.Swing States. La maggior parte degli stati tende a votare in modo prevedibile a favore di uno dei due partiti e la competizione reale si concentra quindi in un ristretto gruppo di stati incerti, detti “Swing states” dove il risultato è aperto e difficilmente prevedibile. Quest’anno sono sette che rappresentano circa il 18% della popolazione e attribuiscono complessivamente 93 dei 538 grandi elettori. Sono Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin.Una volta concluso lo spoglio elettorale gli stati certificano i risultati. Questo processo dovrebbe concludersi entro il 7 dicembre. Successivamente viene lasciato qualche giorno agli stati per risolvere eventuali controversie relative alla nomina dei grandi elettori. Il 17 dicembre i grandi elettori votano formalmente per il presidente e il vicepresidente, confermando il risultato delle urne. Il 6 gennaio, il Congresso si riunisce per certificare ufficialmente l’elezione del nuovo presidente. Infine, il 20 gennaio 2025 il presidente eletto presta giuramento. Durante queste settimane il presidente uscente rimane in carica per assicurare la continuità governativa.
Il giorno delle elezioni presidenziali, l'Election Day, cade ogni 4 anni in una data sempre diversa del mese di novembre. La data non è stata imposta dalla Costituzione americana ma da una legge federale del 1845 che stabiliva che le elezioni dovessero avvenire il martedì successivo al primo lunedì di novembre. Ciò avviene per evitare di andare alle urne il 1° novembre che è un giorno festivo. La data unica per tutta la popolazione ha poi un significato simbolico poiché rappresenta un momento di coesione della nazione nel quale tutti cittadini si riuniscono per dare un nuovoPresidente agli Stati Uniti.La procedura elettorale presidenziale degli USA è, di fatto, una votazione indiretta. Quando votano, i cittadini americani esprimono la propria preferenza per un candidato al ruolo di Presidente. In pratica, però, votano per il gruppo di grandi elettori che sostiene quel candidato. La figura dei grandi elettori è dunqueassolutamente cruciale per comprendere come funzionano le elezioni presidenziali USA.1 538 grandi elettori, membri dell'"electoral college" o collegio elettorale, si riuniscono ed esprimono il voto definitivo il primo lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre.La Costituzione stabilisce che ogni Stato abbia un numero di elettori pari al numero dei suoi membri ai Congresso: due senatori per Stato più uno per ciascun rappresentante della Camera. Come Stato più popoloso, la California ha dunque un peso politico molto diverso da Stati meno popolati, come l'Alaska, il Delaware, il Montana e il Vermont, che hanno solo tre voti. Il numero totale di rappresentanti per Stato nella Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti viene ricalcolato ogni decennio in base al censimento nazionale, il che a sua volta influisce sulla ripartizione per Stato dei voti del Collegio Elettorale. Nei fatti, dunque, gli elettori in ogni Stato degli Stati Uniti votano per i loro grandi elettori, esprimendo una preferenza per un candidato presidenzialee il corrispondentecandidatovicepresidente (il voto disgiunto è proibito). Ciascuna legislatura statale può stabilire il metodo di selezione degli elettori. A questo proposito, la maggioranza (48Stati e il Distretto di Columbia) ha un sistema "winner takes all" in cui la coppia di candidati con il maggior numero di voti ottiene tutti i grandi elettori dello Stato. In Nebraska e nel Maine, invece, i grandi elettori vengono scelti in base ad una ripartizione proporzionale dei voti ottenuti.Una conseguenza importante del sistema del "winner takes all" è che un candidato può ottenere il maggior numero di voti a livello nazionale ma perdere le elezioni. Immaginiamo infatti che un candidato vinca uno Stato per una piccola maggioranza e che quello Stato abbia un elevato numero di grandi elettori. Questo candidato riceverebbe comunque tutti i delegati di quel determinato Stato. Quindi, se un candidato vincesse in California con un margine esile, otterrebbe comunque tutti i grandi elettori della California. Lo stesso candidato potrebbe però perdere in molti altri Stati più piccoli con margini ampi e ricevere dunque meno voti popolari rispetto al suo avversario. Tuttavia, in questo scenario, quel candidato avrebbe comunque un vantaggio nel Collegio Elettorale poiché risultato vincitore in uno Stato che mette a disposizione molti grandi elettori.Non è dunque automatico che il candidato che ottiene il maggior numero di voti dai cittadini vinca le elezioni. Al contrario, diverse volte nella storia degliUSA, la persona che ha vinto le elezioni ha ottenuto meno voti popolari rispetto a chi ha perso le elezioni.Tra i casi più rilevanti si ricordano quello di John Quincy Adams nel 1824 e Benjamin Harrison contro Grover Cleveland nel 1888. In anni più recenti, nel 2000, il Presidente George W. Bush ottenne 500.000 voti popolari in meno rispetto al suo avversario, Al Gore.Tuttavia, Bush fu dichiarato Presidente poiché aveva 271 grandi elettori a suo favore contro i 266 di Gore. Allo stesso modo, nel 2016, Hillary Clinton (nella foto a destra), candidata democratica, fu sconfitta da Donald Trump (nella foto a sinistra), candidato repubblicano, nonostante avesse ottenuto il 48,18% del sostegno popolare, contro il 46,09% del suo rivale (circa 3 milioni 45 di 61di voti in meno), che però poteva contare su un maggior numero di grandi elettori.